Il valore del digiuno

RISCOPRIAMO IL VALORE DEL DIGIUNO

Enzo Bianchi riflette sul senso del digiuno quaresimale e sulla sua attualià. Digiunare e astenersi dalle carni non per legalismo o osservanza sterile, ma occasione di cammino spirituale. Esistono diverse forme di digiuno: dalla parola, dal rumore, dalle immagini…

Siamo, ancora una volta sulla soglia del tempo quaresimale, tempo forte dell'anno, tempo segnato, in passato, da forme collettive di penitenza. Oggi questi segni esteriori e collettivi, il digiuno soprattutto, sono quasi del tutto scomparsi. Come vivere oggi il tempo quaresimale? Lo abbiamo chiesto a Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose. "Io credo che i segni esteriori e collettivi di tipo penitenziale sono venuti meno anche per una reazione a certe pratiche del passato. Sovente erano considerate nella comunità cristiana e vissute in modo molto legalistico. Qualche volta addirittura prendevano una forma che non era più rispettosa dell'intenzione con cui l'Antico Testamento, il Nuovo e Gesù stesso avevano chiesto questi segni esteriori di penitenza".

Può fare un esempio?

Gesù non ha chiesto di fare tanti gesti penitenziali. Ma due sono esplicitamente richiesti. Ha chiesto di digiunare. Ha detto infatti che sarà compito dei discepoli digiunare una volta che lui, lo Sposo non ci sarà più. E ha raccomandato di vegliare, cioè combattere contro il sonno e restare svegli in modo da imprimere nel proprio corpo sentimenti di attesa del Signore, di dialogo con lui, di adorazione della sua presenza. Sono venuti meno questi segni mentre i testi che noi ascoltiamo nella liturgia di Quaresima fanno costante riferimento alla pratica del digiuno: «Noi che stiamo vivendo il digiuno quaresimale…», «Signore, fa’ che il nostro digiuno quaresimale...», in realtà il digiuno non c'è quasi più. Io credo che c'è stato un impoverimento nella comprensione e nella pratica perché il digiuno non è anzitutto mortificazione, non è fare un sacrificio. Questo è un linguaggio che non è cristiano. Il digiuno è un allenamento per l'oralità, il prendere coscienza di quello che noi con la bocca facciamo: parliamo, mangiamo. Il digiuno ci porta ad un discernimento che impedisce sia l'anoressia da un lato sia la bulimia dall'altro. Il digiuno è una vera e propria pedagogia al desiderio ed è una pedagogia che ci dispone ad avere quella fame e sete di Dio di cui tanto parla la Scrittura.

Lei ritiene utile e possibile riproporre in qualche forma la pratica del digiuno quaresimale?

Credo sarebbe utile. Faccio l'esempio della nostra comunità di Bose: manteniamo il digiuno il venerdì e l'astinenza dalle carni il mercoledì per tutto il tempo di Quaresima, ma non come un legalismo o un’osservanza in più, ma come un lungo cammino in cui si cerca di dare le ragioni antropologiche, psicologiche per cui il digiuno diventa davvero un affinamento delle nostre facoltà spirituali a partire dalle facoltà che toccano il nostro corpo e la nostra psiche. Se c'è una buona catechesi sul digiuno e se il digiuno viene praticato anche in vista della comunione dei beni e di un più generoso esercizio della carità fraterna, allora io penso sia possibile per la comunità cristiana riprendere seriamente questa pratica. Forse il confronto con la pratica islamica del Ramadan ci può anche far capire che cosa noi abbiamo perso. Noi non abbiamo più qualcosa di convergente, di collettivo ma tutto è lasciato a un individualismo che non è cristiano e che non edifica certo la comunità cristiana.

In questi ultimi anni il digiuno è stato anche proposto come uso moderato della televisione. Come valuta questa nuova forma?

Certamente anche questa forma è legittima e valida. Credo infatti che il digiuno deve investire tutti i nostri sensi che vengono temporaneamente privati di qualcosa al fine di avere una più grande capacità di discernimento. Certamente c'è un digiuno orale che non deve riguardare solo il mangiare e il bere, ma anche il parlare. C'è un digiuno degli occhi che riguarda la televisione ma che riguarda tutto un mondo delle immagini. C'è un digiuno anche delle orecchie. Qui dovremmo cercare un certo silenzio e fare la nostra battaglia contro il rumore che ci assedia. Il digiuno quaresimale tocca tutti i nostri sensi. Voglio ricordare che un tempo la Chiesa chiedeva ai coniugi, durante il tempo quaresimale, di astenersi per quanto era possibile dall'esercizio sessuale del matrimonio che è pur santo e benedetto. E questo non perché ci fosse una diffidenza nei confronti del corpo, ma per avere questa capacità di compiere gesti non meccanici, non per abitudine, per voracità, per consumismo. Questi gesti vanno infatti compiuti sempre con libertà e consapevolezza quasi fossero un’opera d'arte. Sia che mangiamo, sia che beviamo, sia che parliamo, sia che viviamo la nostra sessualità, sia che vediamo la televisione o il cinema.

tratto da: www.chiesadimilano.it