Unità nella Diversità

L'UNITA' NELLA DIVERSITA'

Secondo il quarto Vangelo, Gesù risorto, il giorno stesso della sua risurrezione, venne in mezzo ai suoi discepoli, li salutò consegnando la sua pace e facendosi riconoscere attraverso i segni della passione e morte impressi nelle mani e nel costato, e “alitò su di loro dicendo: Ricevete lo Spirito santo”. Negli Atti degli apostoli, dopo che Gesù è salito al Padre, mentre i discepoli sono riuniti insieme in un unico luogo, scende lo Spirito santo, come suono e vento gagliardo, come fuoco espresso in lingue fiammeggianti.

I racconti di Giovanni e di Luca vogliono soprattutto dirci che il medesimo Spirito, che inviato dal Padre ha risuscitato Gesù da morte e gli ha dato una nuova vita, è anche stato consegnato da Gesù ai suoi discepoli, sicché Gesù e la sua comunità vivono di uno stesso spirito, lo Spirito santo. Pentecoste significa dunque pienezza dell’epifania pasquale, perché le energie del Risorto si riversano nella sua comunità la quale, grazie allo Spirito santo, giunge alla fede in Gesù Cristo Figlio di Dio, alla capacità di testimoniarlo e annunciarlo nella storia e nella compagnia degli uomini.

Pentecoste, per il popolo di Israele, era la festa memoriale del dono della Legge al Sinai, la festa dell’alleanza. Ora, per la comunità di Gesù il dono dello Spirito la rende celebrazione dell’alleanza nuova, ultima, definitiva. Gesù non ha lasciato sola la sua chiesa, né con l’ascensione al cielo è avvenuta una separazione tale da mettere fine alla sua azione nel mondo: la comunità dei credenti, infatti, condivide con Gesù Signore la stessa vita, lo stesso Spirito, e questo la abilita a continuare l’azione di Gesù: “annunciare la buona notizia, fare il bene, guarire quelli che sono sotto il potere del demonio”. Come Gesù fu consacrato in Spirito santo e così abilitato alla missione, altrettanto accade alla sua chiesa nelle Pentecoste (cf. At 10,38).

Proprio per questo il quarto Vangelo mette in risalto che il dono dello Spirito è dato affinché i discepoli annuncino la remissione dei peccati e radunino i figli di Dio dispersi, mentre gli Atti testimoniano che l’annuncio del Cristo risorto è fatto dalla chiesa in lingue diverse, come lo Spirito concedeva agli apostoli di esprimersi (cf. At 2,3-4). Ricevuto lo Spirito santo attraverso il miracolo delle lingue di fuoco, le parole che annunciano il Risorto, la buona notizia, sono comprese da Parti, Medi, Elamiti e dai vari abitanti dei numerosi paesi dell’area mediterranea. Scrive Bernardo di Chiaravalle: “Lo Spirito scese sopra i discepoli in lingue di fuoco affinché dicessero parole di fuoco in tutte le lingue di tutte le genti e annunciassero una legge infuocata con lingue infuocate”.

Raduno dei figli di Dio dispersi, anti-Babele, la festa di Pentecoste è l’inizio degli ultimi tempi, i tempi della chiesa. A Babele era avvenuta la confusione delle lingue e il tentativo di collegare stabilmente terra e cielo con la costruzione di una torre che saliva al cielo, ma a Pentecoste avviene il miracolo delle lingue udite e comprese da tutti, ed è lo Spirito che scende a mettere in comunicazione e comunione Dio e gli uomini. E’ il miracolo della ritrovata comprensione in un’unica parola! Sì, le lingue degli uomini restano diverse, e questa pluralità di lingue, di culture, di storia non è annullata: lo Spirito santo, infatti, crea un’articolata unità, un’unità plurale, come molti doni e molte membra vengono composte nell’unico corpo del Signore che è la chiesa. La diversità deve sussistere senza annullare l’unità e l’unità deve affermarsi senza sopprimere la molteplicità.

Il miracolo delle lingue suscitato dallo Spirito indica alla chiesa il compito di conciliare l’unità della Parola di Dio con la molteplicità dei modi in cui essa deve essere vissuta e annunciata nell’unica comunità dei credenti e in mezzo a tutte le genti: è così che la chiesa non deve imporre un proprio linguaggio, ma deve entrare nei linguaggi degli uomini per annunciare le meraviglie di Dio secondo le loro diverse forme e modalità di comprensione.

Lo Spirito effuso a Pentecoste impegna ancora oggi la chiesa a creare vie e inventare modi per fare dell’alterità non un motivo di conflitto e di inimicizia, ma di comunione. Così la chiesa, ogni comunità cristiana , potrà essere segno del Regno universale che verrà e a cui è chiamata l’umanità intera attraverso, e non nonostante, le differenze che la attraversano. Tutto questo acuisce la sensibilità e l’attenzione che i cristiani devono avere per l’ecumenismo e il dialogo con le altre religioni. La coscienza delle radici ebraiche della fede cristiana, dell’ebraicità perenne di Gesù, di Israele come popolo dell’alleanza mai revocata e, al tempo stesso la coscienza della destinazione universale della salvezza cristiana, della molteplicità delle genti e delle culture in cui è chiamato a inseminarsi l’evangelo, dovrebbero far parte del corredo di ogni cristiano maturo. Così come dovrebbe farvi parte la consapevolezza che l’ecumenismo è elemento costitutivo della fede del battezzato, chiamato, in quanto seguace di Gesù Cristo, a pregare e operare per rimuovere lo scandalo della divisione tra i cristiani.

di ENZO BIANCHI: Dare senso al tempo Le feste cristiane