Vatican insider

L'impatto del Papa è positivo, ma ora tocca a pastori e credenti

Luca Diotallevi, il sociologo della CEI: «Tutti devono fare la loro parte seguendo Francesco e l'agenda del Concilio Vaticano II»ANDREA TORNIELLI

CITTÀ DEL VATICANO

«Sarebbe un errore fare di Francesco un nuovo Giovanni Paolo II e pensare di crearsi un alibi dietro al "cavaliere bianco" che sconfigge la modernità. Papa Francesco ci sta dicendo il contrario. Ci dice: io sto con voi, seguendo l'agenda del Concilio Vaticano II, innanzitutto come credente e quindi come pastore. Ma tutti devono fare la loro parte...». Lo afferma il professor Luca Diotallevi, sociologo di fiducia della CEI, che spiega a «Vatican Insider» in che cosa consista, sulla base delle sue ricerche, l'effetto Francesco in Italia.

Che cosa emerge dai suoi studi e dalle sue rilevazioni su questi primi mesi di pontificato?

«Bisogna distinguere tra la valutazione o il gradimento che le persone esprimono nei confronti dell'autorità della Chiesa e la partecipazione ad esempio il tempo o l’impegno che dedicano alle attività religiose (come nel caso della partecipazione alla messa). Dai nostri dati risulta che l’impatto di Francesco sull'opinione pubblica è stato fortissimo: in un mese, tra marzo e aprile 2013 abbiamo visto la valutazione positiva degli italiani sull'operato della Chiesa impennarsi di 7 o 8 punti percentuali e salire dal 55 al 63 per cento (dati GFK-Eurisko). Questo stesso indicatore era salito fino agli inizi del 2006 e poi era calato in modo evidente fino al marzo scorso».

E oggi, dopo otto mesi di pontificato?

«L'indicatore ha sostanzialmente tenuto, oscillando tra il 62 e il 59 per cento. Ciò significa che l'impatto molto positivo tiene a un livello molto alto, anche se non cresce. Per dare un'idea dell'importanza del dato può essere utile sapere la valutazione positiva degli italiani nei confronti dei partiti si ferma a percentuali a una cifra! Lo reputo dunque un valore molto alto e che sia cresciuto notevolmente dopo anni dà l'idea dell'impatto del nuovo pontificato, anche perché si tratta di cifre pari più o meno a tre volte il numero dei praticanti».

Che cosa può dire per quanto riguarda la partecipazione alla messa e ai sacramenti? È cresciuta?

«Dal punto di vista della partecipazione alla messa, la crescita dai nostri indicatori risulta debole o nulla. La valutazione positiva non si sta dunque ancora traducendo in qualcosa di più stabile e impegnativo. Per quanto riguarda le confessioni, invece, non sono in grado di dire nulla, perché non abbiamo indicatori diretti. Di certo è aumentata la partecipazione ad alcuni eventi che vedono protagonista il Papa, per esempio le udienze del mercoledì. È evidente che Francesco attira: bisogna poi vedere se e come questo si trasformerà anche in una partecipazione maggiore alla vita delle diocesi e delle parrocchie. Di certo il nuovo Papa ha invertito una tendenza negativa. Ci sono delle questioni che rimangono aperte...».

A che cosa si riferisce?

«Faccio due esempi, molto diversi tra loro. Il primo riguarda il discorso sulla coscienza, che il Papa ha citato nelle interviste. È benemerita la sua insistenza sul primato della coscienza. Il tema però deve essere ancora approfondito, perché non lo si interpreti come un modo di rendere più blando l’imperativo morale. In realtà è il contrario. La legge è generica, la voce della coscienza è precisa: fa questo, non fare quello. La coscienza è più esigente della legge, innanzitutto esigente con se stessa, non ammette pregiudizi o ipocrisie. Il secondo esempio riguarda la posizione espressa da Francesco contro l'intervento armato in Siria od il suo giudizio sulla globalizzazione. Il Papa è stato sicuramente in sintonia con larghi settori delle opinioni pubbliche occidentali, molto meno con governi, ma, soprattutto, con la tradizione istituzionale di questa cultura che si è formata con il concorso dei credenti e della Chiesa. Vedremo in futuro come tutto questo si svilupperà e se genererà tensioni».

Come giudica l'impatto del nuovo Papa sulla Chiesa e sulla Chiesa italiana?

«Il grande evento, il grande atto di governo che ha segnato la storia di questo periodo a mio avviso è stata la rinuncia di Papa Ratzinger. Essa ha rappresentato la fine, la chiusura di ogni nostalgia tridentina, espressasi nel modo oggi più autorevole possibile. Francesco si inserisce in questo solco, entra i questo varco, ma non occupa l’intero spazio che ha aperto, o meglio riaperto. Lo stile sobrio e modesto di questo Papa provoca e al tempo stesso lascia spazio a tutte le istituzioni e soggetti della Chiesa. Francesco chiede alla Chiesa di ritessere il tessuto delle parrocchie e delle Chiese particolari».

Quali sono secondo lei le priorità di Francesco?

«Sta testimoniando uno stile cristiano, non ancora un progetto pastorale. Ma l'agenda, per così dire, mi sembra quella dell'Ecclesiam Suam e dell'Evangelii nuntiandi di Paolo VI. Abbiamo coltivato l'illusione che Papa Montini fosse un pessimista e che si potesse entrare nel nuovo millennio senza pagare i conti in sospeso che lui aveva invece chiaramente percepito ed indicato. Ora ci si è definitivamente convinti che non si torna indietro dal Concilio. Francesco ci sta mostrando come uno stile cristiano diverso sia prioritario rispetto a progetti pastorali. E questo stile cristiano è esattamente quello proposto dall'Ecclesiam Suam e dall'Evangelii nuntiandi. Ora è da vedere se di quella stessa agenda sarà adottato anche il disegno pastorale. La testimonianza di Francesco interpella tutti, fedeli e vescovi. Non si deve commettere l'errore di fare di Bergoglio un nuovo Giovanni Paolo II - con tutto il rispetto per quest'ultimo che sta per diventare santo - e pensare di crearsi un alibi dietro al "cavaliere bianco" che sconfigge la modernità. Papa Francesco ci sta dicendo il contrario. Ci dice: io sto con voi, seguendo l'agenda del Concilio Vaticano II (“il Vangelo compreso oggi”), innanzitutto come credente e quindi come pastore. Ma tutti i credenti devono fare la loro parte, devono, per usare le sue parole alla “Civiltà Cattolica”, accettare la lotta del discernimento».

da VATICAN INSIDER (da la Stampa.it)