Educare con

EDUCARE CON SEVERITA' E DOLCEZZA

LETTERA INDIRIZZATA AL MESSAGGERO DI S.ANTONIO

«Caro direttore, com’è difficile fare i genitori! Ora, come ho letto sull’articolo di Fulvio Scaparro (Msa 1/2011), rischiamo pure di essere puniti perché siamo severi. Abbiamo tutti sotto gli occhi i risultati della “morbidezza” nelle scuole e gli insegnanti che faticano a farsi ascoltare. Il mondo è duro, occorre avere una notevole disciplina, anche interiore, per affrontare le difficoltà quotidiane. Ho due figli adolescenti, ai quali, quando facevano i capricci, ho dato qualche sculaccione in età pre-scolare: adesso sono più bravi di tanti loro coetanei!».

Stefania

Non sono un genitore. Tutti i giorni, però, sono in contatto con famiglie alle prese con l’educazione dei figli. Da queste esperienze posso confermarle, cara Stefania, quanto sia difficile essere genitori, quanto questo «mestiere» sia imprevedibile, mai scontato eppure straordinario anche quando sfianca. A livello educativo, c’è chi pensa che valgano ancora le punizioni autoritarie, ritenendo magari che «se hanno funzionato con me…»; oppure, all’opposto, che basti il dialogo a risolvere ogni cosa, parlando ai bambini come se fossero adulti e facendo, in questo modo, un uso scorretto di uno strumento pur fondamentale per la crescita dei piccoli. In entrambe le situazioni si devono fare i conti con i rischi del caso: generalmente, sculacciate e ceffoni causano nei genitori struggenti sensi di colpa; d’altra parte, si finisce per essere troppo indulgenti e permissivi, tanto da farsi mettere i piedi in testa. Una ricerca, condotta lo scorso anno da «Save the children» e Ipsos, rivela come il 59 per cento dei genitori affermi di essere effettivamente meno severo rispetto ai propri genitori, percentuale che arriva al 68 per cento tra i genitori con figli più grandi. E se una punizione è necessaria, quelle più efficaci sono considerate l’«imposizione di una restrizione» (in media il 71 per cento), «sgridare i figli con decisione» (32 per cento) e «costringerli a svolgere delle attività non gradite» (21 per cento). Tuttavia, tra i genitori con figli da 3 a 5 anni, un 14 per cento ritiene utile ricorrere alla sculacciata, percentuale che diventa del 10 per cento per chi ha figli dai 6 ai 10 anni.

Credo che, tra tante teorie e relative scuole di pensiero, ognuna con la propria validità, ciascun genitore possa trovare un proprio compromesso tra sculaccione e carezza troppo indulgente, tra «sì» e «no», ma non solo. Nel rapporto tra genitori e figli, a mio avviso, molto si gioca nella netta distinzione dei ruoli, nello stabilire, sin da quando i figli son piccoli, un rapporto di affettuosa autorevolezza che può permettersi di far uso, senza mai abusarne, anche dello sculaccione o di un rimprovero più severo del solito. Basta solo che questi comportamenti non diventino «scorciatoie» che legittimano il venir meno alla propria responsabilità educativa. Responsabilità che va sempre esercitata nell’impartire quei «no» di fatto irrinunciabili.

Messaggero di S.Antonio