Ado in CASA

ADOLESCENTI IN CASA

IL FIGLIO E LA SINDROME DEL CRICETO SULLA RUOTA

di OSVALDO POLI

Ecco spiegato perché l’adolescenza è il tempo della liberazione. Delle mamme. A condizione che superino alcuni presupposti che le hanno guidate nella cura dei figli nel primo tempo della partita: l’infanzia. Il virus culturale che si insinua nei file della dedizione materna è noto come: figlio bravo - mamma brava. Ma è l’implicito che questa convinzione contiene a essere pericoloso, perché lascia intendere che quando il figlio non è bravo, la mamma deve sentirsi colpevole.

Scrive una mamma: «Tutti ci colpevolizzavano perché troppo impegnati nel lavoro, perché non seguivamo abbastanza i figli, perché avremmo dovuto smettere di pensare a noi e sacrificarci di più per loro. Tra me e me pensavo: più sacrificati di così! Niente amici, niente svaghi, vacanze su misura di bambino, una donna che si occupa della casa per avere più tempo per loro. Peccato che nonostante mi annientassi psicologicamente e fisicamente mi ritrovavo in casa due piccoli despota. Più tempo dedicavo loro, più ne pretendevano; era come voler riempire una bottiglia senza fondo. “Mamma vieni, mamma dammi, mamma voglio, mamma ascoltami...”. Una sera dopo L’ennesima nota e l’ennesima insufficienza di uno di loro, io non ci ho più visto, ho cominciato a strattonarlo così forte, che mio marito ha dovuto intervenire. Quella sera, toccai il fondo. Piangevo ed ero disperata, più giù di così non potevo andare».

Nulla è più prezioso della disperazione. Aiuta la mamma a rendersi conto che sta pedalando una bicicletta posta sui rulli e per quanto si sfinisca, non si muove mai. Infatti, le è venuto un nodulo alle corde vocali per i continui richiami inascoltati. Ancora oggi, quando cerca di farlo ragionare, il tatone di 13 anni la guarda attonito, e lei gli deve dire: «Ripetimi cosa ho detto», perché ha l’impressione (vera) che quando gli parla Lui pensi a Combat 2 edizione italiana.

Come guarire dalla sindrome del criceto sulla ruota? Creandogli dei problemi anziché evitarglieli. Per meglio dire: lasciare che affronti le conseguenze dei suoi errori, anziché dargli l’impressione che evitare dei problemi sia un regalo che fa al genitore. «Ecco com’è andata: a un certo punto, sdraiato sul Letto», prosegue la mamma, «mi chiede se è ora di partire per la partita di tennis. lo rispondo che sarebbe dovuto partire 30 minuti prima. Lui si arrabbia con me: “Tu te ne freghi di me, non mi hai ricordato l’orario, non ti importa niente di me, ti preoccupi solo dei fatti tuoi”. A me, che stavo finendo di sistemare la cucina, dopo avergli preparato il pranzo e avergli ricordato gli impegni del pomeriggio?».

Ma questa volta non funziona: la mamma non accetta di sentirsi in colpa (fa prevalere la sua certezza del dovere compiuto ) e lo lascia “sbagliare” senza sentirsi un genitore trascurante. Un doppio salto mortale che le permette di dare al figlio il giusto e prezioso shock. Ora nessuno Lo proteggerà dagli errori che non avrà fatto La fatica di evitare. È l’adolescenza, bellezza.

Tratto da Famiglia Cristiana